KATIA ANGUELOVA
Nata in Bulgaria. Curatrice e critica d’arte. Katia Anguelova attualmente lavora come co-direttrice di Kunstverein (Milano), una rete internazionale di spazi d’arte con sede a Amsterdam, Milano, New York e Toronto. Lavora come consulente di Artline, un progetto d’arte pubblica del Comune di Milano, una collezione di opere d’arte a cielo aperto che si sviluppa all’interno del parco pubblico dell’area di trasformazione di CityLife.
Laureata in storia e teoria della cultura (culturologia) all’Universita’ di Sofia, ha svolto un dottorato di ricerca all’E.H.E.S.S. Parigi, dove ha lavorato sul triangolo relazionale fra artisti, critici e spettatori. I suoi studi presso l’Ecole du Magasin di Grenoble le hanno permesso di mescolare la ricerca con un lavoro curatoriale sul campo.
Ha lavorato nel team curatoriale di Isola Art Center (2004-2009), è stata assistente curatore per Manifesta7 Trento in Italia (2008). E’ stata curatrice per l’associazione ArtePollino per un progetto in co-creazione con Matera2019 Capitale Europea della Cultura. Si è occupata della direzione del padiglione bulgaro alla 58.Biennale di Venezia. E’ stata visiting professor nel Politecnico di Milano, Laboratorio Arti e Comunicazione Visiva (spazi pubblici e multiculturalità).
Katia Anguelova scrive regolarmente per le riviste specializzate. Attraverso il mezzo di mostre e testi critici e partendo dalle pratiche artistiche, si interessa ai legami tra arte e architettura, trasformazione urbana, economia informale e migrazione. Dà attenzione ai formati espositivi sperimentali nell’ambito dell’arte contemporanea.
Foto di Flavio Bonetti
Perché hai scelto Milano?
Vivevo a Parigi dove facevo il mio PhD a l’E.H.E.S.S., ed era il luogo che avevo desiderato e amato da sempre. In Bulgaria ho studiato in una scuola francese e sono cresciuta con la musica, la letteratura e la lingua francese. Vivere a Parigi era un progetto per il mio futuro, …ma non sottovalutare le conseguenze dell’amore….cosi l’amore mi ha portato a Milano che è diventata la mia città d’adozione.
Ero curiosa, ma tutto era difficile all’inizio, non parlavo italiano, a Parigi facevo ricerca e Milano non era il luogo perfetto per la ricerca. Ho iniziato a vivere fra Italia e la Francia per alcuni anni, nonostante Milano fossi il luogo della mia vita quotidiana.
Con il tempo, (penso che Milano abbia bisogno di tempo), ho iniziato ad amare questa città, lentamente, con l’idea di volerla abbandonare ad ogni momento. Per una sorta di magia mi sono affezionata ai suoi luoghi più nascosti, scoprendosi a me poco a poco, attraverso gli incontri, girando senza metà nei cortili e nelle vie della piccola metropoli…Adesso la sento una parte di me, 20 anni di vita a Milano, sentendomi sempre un po’ “straniera”.
Per definizione lo straniero è qualcuno che non può pensare come al solito: tutto il quadro di cose che egli dava per scontate all’interno del proprio gruppo d’origine non vale più nel suo nuovo mondo. La condizione di estraneità, il potenziale di osservazione concesso a chi non è “abituato”, assuefatto dalla realtà che lo circonda, una condizione comune ai pazzi, agli stranieri e agli artisti…
Che cosa ti piace di più a Sofia?
Mi piace il verde e gli alberi che crescano senza logica; le visite fugaci nelle chiese che mi riempiano di gioia; i cortili nascosti di Sofia, un paradiso per i gatti; le nonne che vendono i fiori, raccolti nei loro giardini; le montagne di angurie per le strade; il monte Vitosha vicinissimo che ti permette di scappare dalla città. Spesso passeggio gustandomi un pezzo di “banitza” o “tzarevitza” fumante, mi fermo a bere un sorso di acqua termale nel fantastico triangolo fra il bagno turco, la moschea e la sinagoga, …insomma Sofia è il posto delle mie amicizie importanti. Con il tempo ho sempre più voglia di tornarci.
Di cosa ti occupi nella vita? Dal punto di vista professionale, puoi fare dei paragoni tra le situazioni nelle due città?
Mi occupo di arte contemporanea, sono curatrice free-lance e 10 anni fa ho creato un spazio non-profit (Kunstverein) a Milano (insieme a due amiche e colleghe Andrea e Alessandra) che fa parte di una rete internazionale di “Kunstvereins in franchise” con sede ad Amsterdam, New York e Toronto. Kunstverein (Milano) funziona come uno spazio aperto, di dialogo e scambio, come meeting-point, screening-room e spazio espositivo itinerante nel quale si articola una ricerca material-semiotica a partire dalle pratiche artistiche (www.kunstverein.it).
Babi Badalov, From Ottoman, to Otto man, 2018 Visual poetry, Mural
Courtesy the artist and Art Today Association
Ho la fortuna di lavorare anche negli ultimi cinque anni in uno dei progetti di arte pubblica più importanti in questo paese, il progetto Artline, un progetto del Comune di Milano, una collezione di opere d’arte a cielo aperto che si sviluppa all’interno del parco pubblico dell’area di trasformazione di CityLife che include lavori di artisti under40 e artisti già affermati. Una bellissima esperienza che si propone di diffondere l’arte nella città, facendola vivere a contatto con gli abitanti del quartiere, coloro che passeggiano nel parco e tutti i cittadini. L’obiettivo è quello di ricorrere all’arte come a una risorsa per osservare la realtà da altre prospettive, con occhi nuovi.
Hans Schabus, The Sun Highlights the Lack in Each, 2018
Courtesy the artist and Art Today Association
Due anni fa sono stata invitata da Emil Miraztziev a curare Week of Contemporay Art a Plovdiv e abbiamo portato un progetto di Alberto Garutti nella città – “Ai nati oggi”, un progetto nello spazio pubblico, nel quartiere “Kapana” dove le luci dei lampioni lampeggiano ogni volta quando un bambino è nato in uno degli ospedali di “Selena”, “Sv. Georgi” e “Torax”, dove nel reparto di maternità è installato un pulsante che il personale o il papa può premere in occasione di ogni nuova nascita. Questo pulsante ordina al sistema di lampioni nel quartiere di “Kapana” di aumentare l’intensità luminosa. Ogni volta che la luce pulsa, significa che è nato un bambino. Un progetto per la gente, semplice, ma poetico, come sono i lavori di Alberto Garutti. E’ stato davvero difficilissimo ottenere tutti permessi e realizzare questo lavoro nello spazio pubblico…si, lavoro ogni tanto in progetti in Bulgaria, sempre con piacere, ma le difficoltà sono grandi.
Alberto Garutti, Ai nati oggi, 2018, Courtesy the artist and Art Today Association
COVID 19 ha cambiato molto i ritmi della vita nelle entrambi città. Come sarà il mondo secondo te fra 6 mesi? Cosa sucedera con l’arte e la cultura?
Il disastro di Covid ci ha permesso di fermarci, di poter riflettere sul futuro. Come sarà il mondo? Cosa cambierà? Anch’io sono curiosa di capire ancora. Non ho una risposta definita. Nel mondo dell’arte e della cultura aspettiamo il momento in cui la vita nei luoghi di socializzazione sia possibile e poi dobbiamo ricominciare a vivere il mondo della collettività.
Foto di Flavio Bonetti
Credo fortemente che l’arte abbia la potenzialità di darci strumenti per leggere e vivere il mondo grazie alla sua capacità di mettere insieme forme simboliche e funzioni sociali. È una delle forme che può offrire esperienza e può formare la nostra esperienza quotidiana.
Covid è anche un momento che ci permette di ripensare i ruoli, le posizioni degli attori nel mondo della cultura. Abbiamo visto in questo momento di chiusura come la cultura sia stata capace di accompagnarci, di elaborare la situazione, forse anche di superare momenti difficili.
I professionisti indipendenti del mondo della cultura sono indiscutibilmente fragili, gli artisti soffrano la crisi economica, in realtà la soffrivano anche prima, ma adesso è chiaro che serve un ripensamento, un sostegno economico strutturato. Mi auguro che nella società post covid-19 gli artisti potranno avere un ruolo importante nel dare vita a un modo di guardare il mondo più aperto, a una consapevolezza sociale più inclusiva.
Pensiero preferito?
“L’uomo che trova dolce la sua patria non è che un tenero principiante, colui per il quale ogni terra è come la propria è già un uomo forte, ma solo è perfetto colui per il quale tutto il mondo non è che un paese straniero”, una frase di Tzvetan Todorov che ha preso a prestito da Edward Said, palestinese che visse negli Stati Uniti, il quale la prese, a sua volta, da Erich Auerbach, tedesco esule in Turchia…
Claudia Losi, Voce a Vento, 2018 Courtesy the artist and Jazzi
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